Cose di casa.

Cose di casa, faccette, cantine stipate, saldi, pioggerellina costante, uova preistoriche, guarnizioni per rompimento e vernici. Lontre e un club del libro mai aperto. Umidificatore per caloriferi come la faccia di winni the pooh. Assorbimenti di tradizioni lontane dalla pastasciutta. Voglia di burro come farfalle solo per tornare a Carroll Come carrello della spesa che si non si lascia guidare perchè, come al solito, ha una ruota fessa e ricordare la legge di Murphy, anche quella d’importazione mentre i sogni, o sì, cari signori, i sogni oltre ad essere come i desideri, sono anche anche premonitori come quelle due telefonate che ho ricevuto sì, in questi giorni, con numero sconosciuto e stavano lì e poi non hanno parlato e magari erano persone che avevo cancellato e oggi un librino l’ho pubblicato con papavero schiacciato in copertina e vorrei, con la nona di Mahler diretta da Abbado e poi non ricordare più dei luoghi davanti a te e magari si va a fare degli esami perchè dimenticare così è parso così strano e se domani, Mina ma di che segno è? ormai avrà superato gli ottanta e per tornare al club del libro la mia domanda, seria, ma chi si iscrive con l’obbligo, eterno obbligo, di leggere quel testo per quella data? Chi? E’ solo per stare insieme e scambiare quattro chiacchiere che si pensano intelligenti? O forse , sempre più mi rendo conto che ho ben poco da dire in verità e, solitaria come sono, devo averci proprio gli astri a favore per riuscire a trovare qualcosa da dire. Uscire a mangiare per non saper raccontare altro che la propria giornata da simil gatto. Comunque sto leggendo ancora Poe che è infinito nella sua bravura e quell’ottuso ignorante del patrigno anziché sostenerlo, veramente il solito ignorante, arrogante, signor solo soldi, se signor lo si può chiamare. Traduzione di Manganelli, altro favoloso, ma che meraviglia, dicevo di Poe, la ricchezza e la pulizia del periodo, la sintassi così arabescata eppur lineare. Che stile, che ritmo. Un genio e come tutti i geni lasciato, nel suo caso, a morire in un vicolo. Come Mozart buttato nella fossa comune ed è uno nell’Impero degli Dei. Già, i templi li erigiamo con i ricordi, con la presenza continua di una marcia turca, di una nona, di una frase, di un tramonto come la copertina, la cartolina di, o come quel giorno.

Cose di casa, fuori e dentro dalla caverna del buon Platone, come sempre siam raggi di sole che, e come le, foglie d’autunno, svolazziamo giù. Ci consumiamo la sera, sotto le scarpe di qualche passante frettoloso. Con stò sito che ti invia le lodi perchè pubblichi per tot giorni di fila che non ho capito il senso dico io. Ecco la fine: registrazione dal vivo con applausi.