Il potere occulto della curcuma 6°

Entrarono al ristorante e a lei salì il fumo negli occhi. La finta amica e il suo cicisbeo.

La righina da una parte con i capelli mossi tagliati quasi a caschetto, tinti di quel color paglia umida, con la mollettina, un giorno con una farfallina un giorno con le perline, che li teneva fermi a destra. “La seppelliranno con la mollettina o no?” pensò lei che la vedeva così da sempre. Lui, piccolino, magrino, impettito. Irrigidito in giacche con taglio militare, con il capello a caschetto, senza mollettina, con la riga in mezzo. Jacopo aveva avuto il periodo della barba e baffoni alla Francesco Giuseppe, poi, entusiasta di una serie televisiva inglese che raccontava la saga di una famiglia della malavita dell’ottocento, come i personaggi si rasò i capelli ai lati in modo drastico. Un uomo logorroico dall’acidità rara, forse solo l’ennesimo narciso. Si ricordava di quando usciva a pranzo con loro: se non rispondevi immediatamente, ti rifaceva la domanda almeno una ventina di volte. Le ricordava l’ossessione di un personaggio de “Qualcuno volò sul nido del cuculo” che ripeteva, senza smettere: “Prendi la carta”.

Oltre al fastidio c’era il problema, come con i malati di mente: dovevi dargli sempre ragione, altrimenti si incazzava e non poco.

Per Pinuccia era l’agognato marito. Quando non c’era lo chiamava “mio marito”, tirava sempre in ballo il marito appena poteva, faceva quasi tenerezza. Stavano insieme da quasi quarant’anni, ormai superavano la sessantina entrambi, ma lui non voleva assolutamente che andassero a vivere insieme, cosa che lei ambiva fortemente, almeno quello.

Al ristorante erano imbarazzanti. Se mancavano dei soldi per il conto, rigorosamente sempre diviso, se li prestavano a vicenda e subito scrivevano su un taccuino la somma prestata. Poi si dimenticavano e il rischio era essere presenti quando ricompariva il notes, e cominciavano a discutere, animatamente, dei soldi che si dovevano l’un l’altra.

Quando li vide, lei si ricordò dell’ultima sceneggiata per dodici euro in ballo da più di tre mesi. E fu la solita storia. Jacopo, aveva una voce squillante ed era esibizionista. Tutti i tavoli dovevano essere messi a conoscenza del suo problema o peggio ancora, del suo parere. Quando sputava sentenze, riguardo a certe questioni politiche, la coppia aveva rischiato che qualcuno tentasse di infilar loro delle mollettine negli occhi.

Lei aveva un negozio di vestiti, vestitini per signore, che non volevano spendere molto. Era creativa, aveva anche dei bei capetti ma, purtroppo il suo stile si fermava lì: tutti uguali, tutti anni ’50 e 60’. Sceglieva belle stoffe. Lui faceva lo stilista, da giovane, per un marchio di pantaloni e adesso nulla: affittava la sua casa per location varie.

Era in società con il negozio, con Pinuccia, la non – moglie.

Con il suo snobismo puerile, una volta ebbe il coraggio di dire che Pinuccia (Giuseppina) era un nome che poco si confaceva con il suo, non era elegante. A lui sarebbe piaciuto che lei si chiamasse in altro modo e così quella poveretta, che piuttosto di stare sola si sarebbe accompagnata a un ramarro, si sorbiva la sua trovata. Di colpo, sempre davanti ai presenti, diceva un nome che gli era venuto in mente: “Eugenia! Ecco Eugenia mi piacerebbe”. E iniziava a chiamarla così per un tempo più o meno lungo. Mai più di una settimana, di solito. “Fosca! Magnifico!”” Di Alcina che ne dici?” e lei ridacchiava.

Un classico era entrare in negozio e chiedere “Allora oggi come ti chiami?”. Lui era sfinente, lei sembrava una di quelle donnette, piccole e ricurve, ormai di una certa età, che mentre spazzano il cortile, rimproverano a mezza voce, i ragazzi giovani, scatenati, che corrono in giro. Un’immagine in bianco nero dei film neorealisti.

Al ristorante si incrociarono gli sguardi e si salutarono da lontano.

Un tempo pensava di essere cliente ma anche un po’ amica di lei. Quando Jacopo non c’era, il sabato era il giorno in cui faceva le pulizie in casa sua, loro andavano insieme a pranzo e chiacchieravano

Poi arrivò il virus, tutti chiusi in casa e ricevette un’unica telefonata il giorno dopo la chiusura: c’era un conto indietro se poteva pagare. Immediatamente saldò il debito.

Non la sentì più. Provò a chiamarla e Pinuccia le rispose tranquillamente che con Jacopo vivevano a casa di lui, per il virus, non aveva mai tempo, qualcuno lo aveva sentito, ma non aveva proprio pensato a lei. Inviò un sms il giorno della riapertura del negozietto, così l’aveva pensata. Ormai lei aveva deciso che non sarebbe più passata.

La causa principale, di questa rottura silenziosa, in realtà fu quando le disse che Jacopo non le era simpatico, che era troppo noioso e petulante. Una dichiarazione da evitare in modo assoluto.

Si domandò se non fosse stata lei a volere questa chiusura.

Era possibile.

Fatto sta che dopo quel saluto al ristorante la pancia iniziò a comunicare la sua necessità di curcuma.

In realtà non era così necessaria in fondo ma l’idea di elaborare un possibile piano per una coppia la esaltava: due piccioni con una fava, fantastico un nuovo, raffinato progetto.

E poi, ci aveva pensato bene: lei non era affatto una serial killer! I serial killer, uccidono sempre nello stesso modo. Lei no. Anzi, amava cambiare metodo. Nessuno poteva risalire alla curcuma: l’unico comun denominatore.

L’enorme problema era che non aveva alcuna intenzione di riallacciare i rapporti per attuare un piano. Come poteva fare?

Non fu facile elaborare il progetto. Non era raffinato, era più complicato, doveva iniziare a studiare. Ma le sembrava l’univa via senza prendere contatto con i futuri defunti o coinvolgere qualcuno. Forse sarebbe stato un po’ troppo eclatante, ma, senza intoppi, il successo era assicurato.

Prima aveva pensato all’ennesimo veleno. Ormai si era fatta una cultura sulle piante e alcune, anche molto belle, avevano degli effetti mortali e non avevano antidoti. Le sembrava un po’ banale per una coppia.

La sua idea la portò a studiare bene i tutorial adatti.

Doveva imparare. La bricoleur degli omicidi e si mise a ridere da sola.

Grazie ad Amazon aveva trovato gli altri pezzi necessari per assemblare il prodotto e si rese conto che poteva contare su fonti, gratuite, per recuperare la materia prima.

Da tanto tempo non andava nella sua bella casa di campagna.

Quel fine settimana ci andò e cominciò a riallacciare i rapporti con gli abitati del paese, tutti bravi agricoltori.

Le cose importanti era la costanza e la pazienza oltre alla meticolosità, questa volta essenziale per la riuscita del progetto.

Per questo decise di passare più tempo nella vecchia cascina, invitando a cena alcuni amici del posto che non vedeva da tempo. A sua volta sarebbe stata invitata.

Infatti, era tempo di Pasqua, fu invitata alla Binda, una delle cascine più grosse. Durante quella bella giornata, riuscì a sgattaiolare nel capannone, con la solita scusa di andare a prendere il maglione in macchina. Uscì con un paio di sacchetti di fertilizzante a base di nitrato d’ammonio e li mise in macchina.

Durante la settimana controllava gli spostamenti della coppia, e passava il fine settimana in campagna a imparare a come far funzionare lo strumento, micidiale, che aveva costruito.

Anche Pinuccia e Jacopo passavano il sabato e la domenica in campagna e usavano l’auto per spostarsi.

Aveva deciso che li avrebbe fatti saltare in aria. Lui era un esibizionista, avrebbe apprezzato un’esplosione.

Con il nitrato d’ammonio, una scatoletta, un timer e lo scotch aveva messo insieme un buon prodotto. Aveva fatto delle prove in scala ridotta e funzionavano a dovere. Erano i fuochi d’artificio, quando qualcuno del paese chiedeva degli scoppi, stava facendo delle prove per una festa.

La scatoletta esplosiva era pronta. Era stato più complicato del previsto perché aveva aggiunto un ingrediente divertente che la cara Pinuccia avrebbe senz’altro gradito.

Quella settimana fece il tragitto per la loro casa di campagna.

Doveva piazzare l’ordigno sotto l’auto e quello era il posto più sicuro per farlo. Casa isolata, strada piccola, senza altre case, nessun rischio per altre persone.

Tornò in campagna e fece un paio di prove per sicurezza: tutto funzionava a dovere. Poi rimase in città per controllare gli orari.

Doveva capire i loro tempi e, fortunatamente, erano abbastanza abitudinari.

Quando si sentì pronta, partì con l’occorrente.

Arrivò nei paraggi della loro casa dopo mezzanotte. S’incamminò a piedi. Era buio e la macchina era lì fuori. Aveva programmato il timer per il lunedì mattina, salvo inconvenienti, l’esplosione sarebbe avvenuta a un chilometro di distanza dalla casa, dopo la partenza.

L’ordigno era piuttosto grosso, lo attaccò molto bene sotto l’auto e se ne andò.

Lesse sui giornali la misteriosa, inspiegabile, esplosione delle mollettine.

L’auto di una coppia di commercianti di abbigliamento era esplosa in campagna. La cosa strana era che l’esplosione aveva sparso una grande quantità di mollettine per capelli che, sembrava, fossero contenute nell’esplosivo. Un ordigno artigianale. La Polizia stava indagando se la coppia avesse dei legami con i terroristi.

Non erano sposati ma gli amici decisero di seppellirli insieme.

I pezzi che erano rimasti e poi ricomposti per le autopsie. Comunque, finalmente, Pinuccia era riuscita a stare vicino al suo adorato Jacopo.

Il funerale, molti mesi più tardi, a causa delle indagini, fu molto sobrio.

Chissà se aveva apprezzato anche la cascata di mollettine. Non era stato semplice fare quell’aggiunta.

La coppia faceva parte del “giro fuori porta”. Quell’estate passò dal cimitero con dei tulipani rosa, i preferiti dalla povera Pinuccia.

Non era una stupida.

La sua situazione era sempre più preoccupante. Adesso aveva imparato a costruire ordigni esplosivi. Stava superando i limiti.

Era il sesto omicidio e questa volta di due persone. Quindi in totale aveva fatto fuori sette persone.

Era un buon numero. Non poteva continuare. Si rendeva conto che, ormai, non c’era nessun tipo di spezia che potesse scusarla. Era una sfida con sè stessa e si divertiva anche parecchio. Non le dispiaceva affatto. Ogni volta era un bel successo. Centrava sempre l’obiettivo.

Ecco, in verità si sentiva un po’ troppo vendicativa. Aveva il sospetto che la sua pancia fosse sempre più sensibile. Sembrava irritarsi per un nonnulla.  Stava facendo i suoi soliti ragionamenti prima di sedersi a meditare quando sentì, per l’ennesima volta, la sua la dirimpettaia urlare a squarciagola e la sua pancia borbottare ancora. Un’altra vicina di casa sarebbe stata una faccenda troppo rischiosa.

Doveva trovare un diversivo. Immediatamente si ricordò dei fuochi d’artificio.

Ripartì il giorno dopo per preparare la festa in cascina che aveva promesso.