Il potere occulto della curcuma 10°

Il tempo scorreva tranquillo. Di Eva nessuno le chiese mai niente. Caso insoluto. Persona scomparsa.

Ormai erano passati tanti anni.

Mentre stava ritirando le lenzuola asciutte, si ricordò quel giorno, quando passò il commissario di zona e con i dovuti modi, le chiese delle inaugurazioni di una decina di anni prima.

Lei disse che sì, si ricordava che aveva partecipato Eva, una sua vecchia amica, poverina, più conoscente che amica in verità, poverina, che storia incredibile, no, poi non l’aveva più vista. C’era anche lui all’inaugurazione e gli era molto piaciuta la casa che era sempre bella e come la teneva bene. Si fermò per un caffè e se ne andò con un barattolo di marmellata di albicocche

Gli anni erano volati, e aveva riprovato con l’aconito, la datura, i funghi in autunno, il veleno per topi, molto sgradevole come morte. Si ricordava che fu necessario usare la stanza insonorizzata e la pulitura fu laboriosa.

Aveva provato anche certe sensazioni, era andata a pescare tutte le violenze che aveva subito da bambina, poteva ritenersi abbastanza a posto.

Faceva una vita ritirata e le vittime erano sempre meno numerose.

Non invitava più. Qualcuno, se telefonava, era ben contenta di accoglierlo.

Solo per il paese apriva, una volta all’anno, con la sagra.

Aveva aperto la cascina come agriturismo e ogni tanto le capitava la vittima ideale, sempre se tornava una seconda volta e lei lo ritenesse idoneo.

Aveva ormai una certa età e si informava moto bene: nessun parente, pochi amici. Persone solitarie come lei, con le quali poteva iniziare un rapporto amichevole per arrivare a farle fuori serenamente, in sicurezza.

Era tempo che era sempre più stanca.

Ancora uno e poi basta e questa volta faceva sul serio.

Quell’autunno, ormai inoltrato, arrivò Marianne. Una ventenne in viaggio sul cammino, sulla via francigena.

Gliene capitavano tanti d’estate. Era una deviazione un po’ lunga ma, la voce era girata: era l’unico posto in zona pulito, con una bella accoglienza. Si poteva lavare la roba, riposare in pace e c’era anche la piscina.

Così si era attrezzata.

Aveva messo una lavatrice in fienile, le corde per stendere, un bel tavolone sotto il portico dove potevano mangiare e, per chi preferiva solo il sacco a pelo, aveva ripulita e resa più confortevole la vecchia stanza degli attrezzi.

Aveva sempre compagnia e quel lavoro le piaceva.

Ormai era quasi fine novembre. Stava chiudendo casa.

Quel Natale l’avrebbe passato in città. Doveva anche fare degli esami e non aveva voglia di occuparsi dei lavori del giardino.

Yuri, il giardiniere locale aveva le chiavi e poteva pensarci lui. Lei gli aveva dato la cascina per il ricevimento del matrimonio e le era affezionato.

Degli omicidi non c’era alcuna traccia e lei sapeva quanto era malata. Una patologia inarrestabile la sua. Temeva sempre che la sua fantasia perversa, riprendesse a comandare, come succedeva, per un nonnulla, da tanti anni.

Non aveva fatto in tempo a terminare quel pensiero che suonò la campana del grande portone di legno.

Marianne era stanca, con un grosso zaino, le trecce, due guance paffute e rosse dal freddo. Chiese se c’era posto.

Lei esitò un momento. “Per una notte, va bene entra, vedo che sei a pezzi. Stavo per partire, una notte sola, dai vieni”.

La ragazza entrò e lei chiuse il portone.

Sarebbe stata l’ultima?