Il Pino nella calce. 1°

Schiacciò per bene il terreno, la luna era favorevole, il prato sarebbe cresciuto in fretta.

Ormai aveva superato la cinquantina e adesso era veramente finita.

Pino non era un brutto uomo, lei non lo aveva mai trovato attraente ma, alle sue amiche, suo fratello piaceva abbastanza. Dicevano che fosse bravo a letto, lei come al solito sapeva tutto e sapeva che il suo fratellino amava essere brutalizzato da maschioni rudi e robusti. Le donne, si c’erano, la fidanzata fissa e le altre, gli scambi di coppia e le orge, ma la sua passione era il membro maschile. Considerava il fratello solo un avido all’inverosimile e all’inverosimile un vero pavido, codardo, arrogante e violento.

Nei suoi confronti aveva sempre avuto un enorme complesso di inferiorità e la odiava.

Quando nacque Assunta, tutte le attenzioni del padre furono per lei: una bellissima figlia femmina.  Il piccolo Giuseppe fu spodestato dal suo trono, nonostante fosse il maschio primogenito.

 Un’estate tentò di affogarla in acqua e da quel momento fu sempre rimproverato. Così Pinuccio capì che doveva, a tutti i costi, ribaltare la situazione. L’odio per la sorella aumentava a dismisura. Era sempre un passo davanti a lui: bella, intelligente, temeraria, eccellente a scuola.

L’altra faccia della medaglia, era troppo piccolo per vederla, ma la fortuna l’aveva baciato in fronte. Sua madre odiava con tutte le sue forze quella bellissima bambina bionda con gli occhi verdi.

Il padre, un boss della malavita organizzata, di grosso calibro.

La madre, un’americana fuori di testa, una pseudo artista, quanto avida, tanto bella. Capricciosa, villana, manipolatrice.

Alfonso, incontrò Susan, a new York negli anni sessanta, quando andò a portare gli omaggi alla famiglia in America, per iniziare un proficuo accordo di export dall’oriente.

Alloggiava al Waldorf Astoria, come suo solito, a detta sua era l’unico albergo vivibile in quella città rumorosa; quel pomeriggio, al Sir Harry’s bar, lei era seduta, avvolta in una stola di cincillà. Una stupenda bionda, stile Marylin, fumava, morbidissimi guanti sopra il gomito e un lungo bocchino di avorio.

Quando la vide rimase colpito.

Quando lei alzò gli occhi se ne innamorò perdutamente.

Tanto fece e tanto promise che riuscì a portarla in Italia e, dopo un anno, sposarla.

Giuseppe Santo Carmelo, detto prima Pinuccio e poi Pino, nacque dieci mesi dopo.

La povera Susan non reggeva il ruolo di moglie fedele, non sopportava il marito e l’ambiente dove viveva.  Con uno scagnozzo della banda, iniziò una storia d’amore.

La nascita di Assunta fu fonte di enorme gioia per il padre ma scatenò l’odio profondo della madre.

Una bellissima bambina non desiderata, inaspettata, il marchio della colpa, almeno così credeva l’americana.

Un paio d’anni e l’infelice intreccio amoroso fu scoperto.

Lo scagnozzo fu mandato al macero. La sua famiglia andò a scusarsi e a ringraziare per averlo fatto fuori. Quell’infame, li aveva disonorati davanti al grande capo.

Susan fu internata in una lussuosa clinica psichiatrica, dove passò il resto della sua vita.

In gran segreto, fu effettuata la prova del Dna e, per fortuna, la paternità era di Alfonso. Assunta era salva dal ruolo di reietta.

Susan, tutt’altro che malata di mente, pensò bene di vendicarsi di tutti e tutto. Iniziò in modo implacabile ad instillare nel figlio l’odio che provava per il marito e la figlia.

Pinuccio imparò presto a scaricare tutte le colpe possibili sull’ignara sorellina, adorante, che eseguiva tutti i suoi ordini anche se non le piacevano.

Pinuccio, ben educato, diventò cattivo come la madre.

Assunta il loro il capro espiatorio.

In breve tempo, Pinuccio divenne Pino e recuperò il ruolo di figlio maschio, erede prediletto. Viziato fuori di misura creava pasticci e guai, dei quali incolpava la sorella.

Negli anni affinò la tecnica e iniziò a lamentarsi di Assunta, che era al traino e lui la toglieva sempre dai pasticci nei quali, quella deficiente, si infilava.

Gli era concesso tutto, nessuno gli negò mai qualcosa.  Non andava bene a scuola? Benissimo studia a casa e poi si paga l’esame di maturità. Sfascia la discoteca? Poverino era una delusione d’amore, compriamo la discoteca.

Pino odiava l’ambiente dove viveva, disprezzava tutti e, per introdursi in ambienti altolocati, avrebbe venduto l’anima al diavolo.

Cresceva e con lui crescevano i guai che combinava.

Prometteva cose impossibili, entrava in affari disastrosi dove perdeva anche milioni di euro, era diventato lo zimbello di tanti. Tutti lo sapevano ma nessuno aveva il coraggio di togliere le fette di salame dagli occhi del padre.

Tutta colpa di Assuntina, sempre lei, solo lei.

Così il padre iniziò a non sopportare più quella figlia degenere. Portava in palmo di mano il suo magnifico figlio, unico erede di quell’impero che, a sua insaputa, proprio il figlio stava scarnificando.

Con la complicità dei sottoposti riusciva a farla franca e tutti sostenevano le sue storie contro la sorella.

Tutti tacevano, tutti avevano paura, tutti sapevano come stavano le cose.

Era un gran vigliacco. Per risolvere i suoi pasticci l’unica cosa che sapeva fare era andare dal padre a chiedere soldi.

“Povero ragazzo, ogni volta deve togliere dai casini sua sorella, impossibile da gestire, cosa posso fare? Lo aiuto. Se non ci fosse lui, Assunta sarebbe già in galera”.

Questo raccontava il padre, che del figlio si fidava ciecamente.

Un amico di entrambi provò a difenderla, a schierarsi, coraggiosamente dalla parte di lei.

Il risultato fu che, tanto per dare l’esempio, Pino lo fece ammazzare. Lo calarono in un pilastro di un palazzo.

L’esempio servì.

Da quel momento nessuno fiatò e Assunta fu assunta come capro espiatorio con contratto continuativo.

Per Pino, con il suo complesso d’inferiorità, l’importante era essere accettato dalla “bella gente”. Bella gente che lo derideva mentre lo spennava diligentemente.

Distribuendo cocaina a piene mani, rincorreva affari disastrosi con vecchi, nuovi e presunti Vip. Andava a trovare la madre e si dilettava a torturare la sorella.

Assunta, tutt’altro che stupida, erano anni che tesseva una sua rete di protezione.

Sapeva che l’unica cosa da fare era scomparire.