Si ricordò quel racconto di un neurobiologo americano, descriveva il cervello e le varie funzioni.
Era ancora piccola, era in biblioteca con la scuola e vide i disegni, le piacquero moltissimo e si mise a leggerlo, senza capirci niente ma fu un evento: tutti si stupirono dell’interesse di quella bambina così piccola per un trattato, ma a lei piacevano solo i disegni.
L’ispirazione si trovava tra l’amigdala e l’ippocampo.
Tutti avevano l‘ispirazione in quel punto, lei avrebbe dovuto solo stimolarla negli altri e, in qualche modo, appropriarsene.
La prima idea che le venne in mente furono i bambini.
Iniziò quel pomeriggio al parco giochi vicino a casa sua.
Si guardò intorno e focalizzò una panchina adatta: c’erano due mamme.
Si sedette e iniziò a guardare i bambini con l’espressione più amorevole che riusciva a comporre sul suo viso stralunato.
Un bambino cadde dallo scivolo e Maddalena colse l’occasione al volo: si alzò di scatto e corse a soccorrerlo. Iniziò a coccolarlo, la madre arrivò e lei, scusandosi, iniziò a raccontarle la triste storia che si era inventata lì, sui due piedi.
Amava i bambini, ne aveva perso uno e le piaceva andare ai parchi giochi, giocare con loro.
Tutte le mamme si commossero: a Maddalena fu dato il tacito permesso di restare tra i bambini a giocare.
Non le piacevano i bambini ma iniziò a spupazzarli, a prenderli in braccio, ad appoggiare continuamente la sua testa alla loro.
Continuava a dare colpetti, leggeri colpetti con la testa sulla testa dei bambini.
Sotto lo sguardo attento delle mamme, il suo comportamento iniziava ad essere un po’ ambiguo e ossessivo, tutte quelle testate, non riuscivano a capire. Le dissero di smetterla e alla fine la fecero allontanare infastidite.
Non era una mamma triste era una svitata.
La giovane donna si allontanò. Forse era riuscita ad aspirare l’ispirazione dai bambini.
Tornò a casa e si mise a sedere di fronte al computer.
Rimase lì tutta la sera ma l’ispirazione non arrivava.
Rigirava il braccialetto che aveva al polso, un regalo, il giorno della partenza per la città, in cerca di una vita migliore.
Adesso non voleva mollare, il libro le aveva indicato una strada ma era confusa e non capiva perché.
I bambini, forse, non avevano l’ispirazione sufficiente o, forse, quello non era il modo giusto per ottenerla.
No, la verità era che stava andando fuori di testa, ancora.
Ma cosa aveva raccontato alle mamme? Cosa le aveva preso?
Ricominciò a bighellonare, a perdere tempo e non andava bene.
Quando le cose non funzionavano iniziava a rigirare il braccialetto intorno al polso, per lei era come aiuto per schiarirsi le idee. Una sorta di rituale con una specie di talismano.
Maddalena aveva dei genitori, vivevano in un piccolo paese fuori città. Tornando lì, avrebbe ritrovato l’ispirazione? Poteva provare, fece le valige e andò alla stazione.
Prese il treno e partì per la volta di casa.
In fondo con i suoi stava bene, poteva trovare un lavoro in paese. L’editor aveva anche smesso di chiamarla.
Maddalena quando prese il treno vide scorrere davanti ai suoi occhi, come il paesaggio fuori dal finestrino, le immagini di quel periodo cittadino con tutti i malesseri: l’esaurimento, il ricovero, il terapeuta, il libro, il successo, la caduta.
Era stata solo una parentesi della sua vita che, appena scesa dal treno, si sarebbe conclusa.
Lì avrebbe ricominciato, avrebbe trovato un lavoro, magari nel bar di Antonio –- immaginava – mentre il treno si stava fermando.