IL MANGIATORE DI FIORI 12°

La padrona tornò tutta contenta dalla passeggiata e vide le macchine della polizia e le autoambulanze, le persone con le tute bianche, le mascherine e i guanti che entravano e uscivano e poi vide delle barelle con dei sacchi lunghi appoggiati sopra.

“Ecco finalmente ritorno ad essere la padrona della mia “casa delle rose” – pensò lei, immersa nella sua follia – e si diresse verso la polizia.

Chiese agli agenti cosa fosse mai successo nella sua bella casa. Le risposero che la governante li aveva chiamati, aveva trovato morto suo figlio Renato, la futura moglie e i genitori di lei. Qualcuno li aveva avvelenati.

“Sicuramente è stata la governante che li odiava” rispose lei, sicura che non l’avrebbero mai incolpata.

Donna Elvira, probabilmente molto orgogliosa per la sua impresa, si portò in camera la scatola del veleno per i topi – dopo averla versata tutta nella zuppiera –  l’appoggiò sul comò e non ci pensò più.

L’età avanzata e la demenza furono le attenuanti che le fecero evitare l’ergastolo da scontare in carcere.

Tutto il paese partecipò ai funerali di Renato e di Sophie che, a grande richiesta, fu seppellita con lui.

La casa rimase abbandonata per anni fino al giorno in cui

fu venduta a un attore americano. 

Sandrina morì dopo qualche anno – si racconta di crepacuore – in breve tempo il marito la seguì.

L’attore rivendette la casa, diventata maledetta per tutto il paese, a un francese che la trasformò in un elegante albergo.

L’”albergo delle rose” con un bel giardino.

L’enorme parco, il giardino botanico, con una manutenzione impossibile, diventarono proprietà della facoltà di agraria. 

Sono il fiore all’occhiello del paese e fanno arrivare molti visitatori da tutto il mondo.

Devo dire che la nonna aveva proprio ragione.

Sto scrivendo al tavolino e guardo dalla finestra della mia camera, al primo piano dell’albergo delle rose. 

Il posto è splendido e, adesso capisco, sapeva che sarei venuta a vedere dove si era svolta quella triste storia, dove aveva vissuto quella sfortunata famiglia.

Il bellissimo muro esterno dove le rose fioriscono ogni maggio e formano una cascata di profumo è sempre lì. 

Esattamente come l’ha descritto la nonna.

All’imbrunire, se si è fortunati, si possono vedere le ombre di due giovani, un uomo e una donna, mentre annusano le rose.

Di Donna Elvira nessuno ha mai chiesto niente, nessuno sa che fine abbia fatto, almeno, così sono le storie che raccontano nei bar della passeggiata, sul lungolago.