Viaggio.

C’è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore. Non credo che si possa viaggiare di più nel nostro pianeta. Così come non credo che si viaggi per tornare. L’uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito, perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato.
Da se stessi non si può fuggire.
Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio. Portiamo con noi la casa della nostra anima, come fa una tartaruga con la sua corazza.
In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l’uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando.”        Andrej Tarkovsky.

La foto è del 1992, aeroporto di Rapa Nui ( Isola di Pasqua), quando viaggiavo, sempre fuori di me, sempre per conoscere, scoprire qualcosa, modi di vivere, ritmi , civiltà interiori. Ogni cosa, ogni esperienza hanno i loro tempi. ciascuno di noi ha i suoi tempi. Viaggiare, adesso viaggiano tutti, tutti belli organizzati, in fila per due con la tenda nel deserto, in fila per due per visitare il tempio o fotografare il bambino  – veramente delizioso – e discutere sul prezzo di 50 centesimi in meno, con la madre che spera di fargli magiare un pò più di riso o con il guidatore di risciò che , solo per fortuna, oggi è riuscito a prendere il posto del “collega” così da portare a casa qualcosa per le medicine di uno dei 6 figli.

Per me viaggiare era organizzarmi, con zaino piccolo, zaino valigia più avanti – comunque – quando nessuno faceva bagaglio a mano ma tu sapevi che se avevi uno scalo di 8 ore a Caracas era meglio avere il bagaglio a mano perchè nei transiti lunghi potevano perderlo ( mi successe proprio a Santiago del Cile per Papeete ma fu l’attesa più lunga della mia vita in aeroporto: 12 ore). Viaggiare era scoprire le cose del posto, la gente del posto insomma così. Viaggiai in periodo di ferie con famiglie indiane che visitavano luoghi sacri, conosciute sui pullmann. Viaggiai con donne indiane che ti spiegano che le donne hanno sempre i posti davanti ma era hindi ma ci capivamo e ridevamo insieme: quella complicità tra donne che non troviamo sempre in occidente e difficilmente tra le seguaci delle influencers di turno. Viaggiai per la Patagonia cilena e scoprii Chatwin tra le pecore e i gauchos: cilena / argentina la terra è uguale. Sul lago Esmeralda era tutto bloccato perchè a Bariloche…c’era Pinochet che incontrava una delegazione argentina.

Viaggiare era questo, forse solo per gustare erizos ( ricci di mare) nel miglior ristorante di pesce più a sud del mondo, sopra un supermercato – non proprio moderno- senza andare a vedere i pesci sotto il mare in un ristorante che hanno costruito distruggendo chilometri di barriere coralline. Viaggiare per scoprire che il problema più grande per gli abitanti dello Stretto di Magellano (se qualcuno si ricorda della sua esistenza dopo l’apertura di quello di Panama) è la basura (la spazzatura) che lasciano le petroliere, quando lavano i serbatoi e le pinguinere..sono nere!!), così ti raccontano i cronisti della radio locale.

Questo era viaggiare per me. Adesso vedo persone in ansia che devono andare. Viaggio in Europa e molto poco. Non avevo mai visto Vienna e ci andai formato viaggio organizzato per 4 giorni. Adesso va bene così. Trovo miei coetanei entusiasti di partire per Natale verso il Vietnam – 10 giorni e vedi tutto – a febbraio nel deserto in tenda – veramente la grande avventura ( e spera di non trovare carta igienica nascosta sotto la sabbia dal gruppo prima del tuo) – forse qualcuno riusciva ad andare a vedere da lontano il monaco in Tibet tra un porno shop e quattro lama.

Era il primo gennaio, dormivo nel silenzio di un’estate africana, per quanto in Africa si dorma sotto l’equatore dopo le 4 del mattino. Già perchè non ci sono sempre i breakfast dei lodges ma quel 1990, mi pare, a 12 metri da me partoriva una gazzella.

Viaggiare e forse di questo mi rammarico un pò, erano le  immagini negli occhi non foto da archiviare e postare perdendo i colibrì di Moorea che si nutrono la mattina presto o l’Hermitage sotto la neve alle 3 del mattino, nel completo silenzio e ci arrivi a pezzi perchè tra Mosca e San Pietroburgo il pullmann si era fermato.

Poi ho scoperto che viaggiare dentro di me è molto più avventuroso e spesso molto più impervio e faticoso. Le soste sono necessarie  come non mollare mai e proseguire con pazienza. Non si fotografa nulla ma le immagini hanno il potere di forgiare il cammino.

Ho trovato qualche “antica” diapositiva e l’ho fatta , come si dice? convertire in file? Mi pare di sì. Ecco qui qualcosa: Rapa Nui, Patagonia cilena e la radio a Porvenir in Terra el Fuoco ( v. basura nello Stretto), Papeete , arrivo il giorno dei morti a prendere  i fiori al mercato ( non ci sono gli alberghi super lusso dei nostri divi ma vita quotidiana), due gherpardi che mangiano ( non so se Kenia , magari Masai Mara o Tanzania Tarangiri o Serengeti. E il mercatino di modernariato di Chelsea a NYC con il sorriso di due espositrici, era il 1999, amavo fotografare in B/N , la macchina era analogica.

Viaggiare: certo è che dal 1999 ad oggi sono passati solo 20 anni. In 20 anni è cambiato tutto e non si può che viaggiare molto velocemente, ottimizzando i tempi per esprimere qualcosa in formato binario, non c’è un’agenzia di viaggio che si chiama “zapping travel”? Ma forse anche lo zapping è cosa ormai desueta. 🙂

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12 risposte a "Viaggio."

  1. Walter Carrettoni ha detto:

    Nulla, quello che volevo dire oggi quando ho letto la prima volta mi è sfuggito come sabbia tra le mani… Posso solo dire che la frase iniziale di Tarkovsky è molto, molto bella. Poi, cavoli, grassa invidia per tutti i tuoi viaggi… Io non mai andato nemmeno a Roma…

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  2. massimolegnani ha detto:

    affascinanti i tuoi viaggi che hanno qualcosa di interiore, di intimo, anche quando ti hanno portata a migliaia di chilometri da qui.
    ed è vero bisogna imparare dalla tartaruga, ma nel concetto giusto: un tempo avevo equivocato, mi portavo la roulotte al seguito e mi sentivo tartaruga perchè l’avevo stipata di ogni bene; poi ho capito che essere tartaruga è ridursi all’essenziale, è portarsi dietro solo se stessi. così ho staccato la roulotte, ho tolto il motore, ho ridotto il carico a minime cose, e mi muovo lento pedalando. e ovunque vado “sono a casa”
    ml

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    1. auacollage ha detto:

      Sempre dovrebbero avere qualcosa di intimo. O magari no, solo per chi come me risuona in un suo mondo. Ma pensa che bello quel che mi scrivi.
      Intanto grazie che mi hai letto e scritto. Ma poi quel che racconti. Dalla roulotte ben stipata a spaziare leggero con il vento che ti accarezza le guance, ti puoi fermare anche a guardare le prime primule sui bordi dei sentieri mentre pedali verso Capo Nord.
      Io che dopo pecore, pochos, pinochet e tamurè sfrenati arrivo in darsena e, se proprio mi sposto, mi perdo tra le risaie come fossi nel deserto dei Gobi.
      Ma che bella è la vita? Ecco vedi così, grazie a te, scrivere un pensiero è una bella cosa: mi regali i tuoi momenti, come si è, come si era, cosa si è scoperto e, ancora di più cosa scopriamo. Mi sa che siamo privilegiati sai? Quando si va con passo lento, quasi annusando quei silenzi del tempo delle pause è abbastanza normale avere il coraggio della Poesia ma, per me, un privilegio enorme. Grazie ancora.:-)

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